La donna che scombussola un trio
Aldo, Giovanni, Giacomo: tre vite diverse che più diverse è impossibile immaginare. E Claudia, una vita che non riesce a immaginarsi neanche il marito.
Giovanni è un uomo metodico e ripetitivo. Il suo ideale di vita consiste nel non capire se oggi è già domani o ancora ieri. E’ molto lento. Non comunica facilmente le emozioni perché non le distingue dai sintomi della congiuntivite. E’ sposato con Claudia e considera questa unione un fortunato miracolo che è successo, e quindi non può che continuare a succedere. Sarà proprio così? Aldo è un tassista che sa a memoria la biografia dei nomi delle vie di Milano (“Ah, Melchiorre Gioia, filosofo, uomo poliedrico”…). Dove poi siano situate tutte queste vie gli sfugge, ma è un dettaglio. Instancabile rubacuori, Aldo si innamora di continuo. Anche se da qualche mese vive solo per Claudia, che però non vuole più saperne di lui. Giacomo è un uomo solo. Ha una ex-moglie che lo ha sposato e lasciato con la stessa motivazione: hai qualcosa di adolescenziale. Vive tutto sommato tranquillo, ha un buon lavoro, ha un po’ di soldi, ha una bella casa. Poi conosce Claudia e capisce di non avere niente. Claudia è il centro di tutto. Un mistero vivente, a cominciare dalla domanda: come mai ha sposato Giovanni? Cose che succedono nei film. In realtà Claudia ama il marito ma ha difficoltà a dirglielo (come darle torto, pensano gli spettatori guardando gli intensi primi piani di Giovanni che a letto legge il giornale). Donna inquieta, dal fascino incontrollabile, Claudia scatena una folle girandola sentimentale intorno a sé, consapevole che certe cose si possono fare ma non capire. Del resto l’amore è un mistero antico quanto l’uomo.
Dovrà essere un film di Aldo Giovanni e Giacomo a spiegarci come funziona?
Parla il regista
"Mi si chiede di buttare giù una paginetta per spiegare di cosa parla il nostro film e perché l’ho fatto in un certo modo e non in un altro. Note di regia, si chiamano. Le fanno tutti, mi spiegano, e le devi fare anche tu. Ora, se proprio devo essere sincero, spiegare un film mi sembra una delle cose più assurde che si possano fare, specialmente se a spiegarlo è il suo autore. Però, siccome stare sempre nascosti è una pratica piacevole ma faticosissima, approfitterò di questo momento per rispondere all’unica domanda che mi viene sempre posta: com’è lavorare con Aldo, Giovanni e Giacomo? Ogni volta che si deve fare un film con Aldo, Giovanni e Giacomo, ci si trova di fronte a due categorie di pregiudizi: i pregiudizi dell’intellettuale che odia i comici e i pregiudizi del comico che odia gli intellettuali. La cosa buffa è che parlano in modo diverso, usano parole diverse, ma dicono le stesse cose. L’intellettuale lo fa con una smorfia di disgusto che gli increspa il pizzetto, il comico con la sicumera del praticone che conosce il mondo, ma i concetti, di solito, sono sempre la stessa manciata: Aldo, Giovanni e Giacomo non sono attori, ma maschere; devono solo far ridere, la storia è solo un pretesto; le cose più belle sono quelle improvvisate, bisogna lasciarli liberi; meno tempo ci si mette e meglio è, così non si perde la freschezza; l’unica cosa importante è che si vedano bene in faccia, il resto non serve a niente… Di solito, verso la fine del cineforum, salta su un cretino che propone di fare un film in cui si vedano i ciak e i microfoni, qualcuno ordina altre grappe, qualcun altro dice “commedia dell’arte” e alla fine si barcolla felici verso casa, ognuno con le sue quattro verità. I pregiudizi, si sa, sono odiosi, ma combatterli non è facile. Ci vuole forza, coraggio e talento. Io, al massimo, posso cercare di schivarli, sperando di non fare troppi errori e pregando di non fare la figura del comico che vuol fare il di più o, peggio ancora, del di più che vuol fare il comico. Mantenere un equilibrio tra questi due stupidi estremi è difficile e pericoloso, quasi paralizzante, ma anche molto divertente. Io, come tutti, sono convinto che Aldo, Giovanni e Giacomo abbiano un talento comico quasi inarrivabile, qualcosa di elementare e di primordiale che, oltre a essere irresistibile, è anche impermeabile ai due orrendi virus che spesso colpiscono i comici: la volgarità e la stupidità. Ma ho anche un’altra convinzione. Aldo, Giovanni e Giacomo portano con sé qualcos’altro, una specie di verità che gli si legge negli occhi e nel modo in cui si muovono, una sorta di allegra malinconia, una vena di dignitosa tristezza che trovo bella. Cercare di trovare un equilibrio tra questi due talenti, farli coincidere e convivere per quanto possibile, è il motivo per cui mi piace lavorare con loro. E’ un piacere che inizia quando si scrive e continua sul set e in tutte le altre fasi del film. Ed è anche una faticaccia. E’ un continuo scegliere tra qualcosa e il suo opposto, sperando di non sbagliare. A volte ci si riesce, a volte no. E dopo tutto questo gran lavorare, borbottare, pensarci su, il massimo che puoi ottenere è soltanto un film. Quello che ne è venuto fuori stavolta è, spero, una cosa graziosa, che cerca di non essere idiota e non ha altre ambizioni se non quella di far passare a delle persone una piacevole ora e mezza."